Il gioiello contemporaneo è quindi nuova ricerca espressiva, una splendida manifestazione polisemica del genio umano.
L’oreficeria contemporanea italiana, secondo poi Enrico Crispolti, «vive su un doppio registro di apporti: quello di artisti specializzati, e quello relativo ad incursioni di scultori, ma anche pittori, nell’ambito orafo». Si devono distinguere perciò, secondo sempre Crispolti, gli orafi-artisti dagli artisti-orafi. Ho scelto questa chiave interpretativa perchè chiarisce bene l’atteggiamento nei confronti del gioiello in Italia negli ultimi sessanta anni. Come tutti i tentativi di classificazione questa distinzione ha in sé un alto potere limitante e discriminante e quindi va considerata come una possibile chiave di lettura, applicabile esclusivamente in ambito italiano.
Vorrei soffermarmi sul secondo caso con la dovuta attenzione, in quanto non si potrebbe capire (e probabilmente non sarebbe neanche esistita) la gioielleria di ricerca attuale senza le magnifiche creazioni di questi artisti che si prestarono per un momento all’arte dei preziosi. Essi stravolsero quella che era la concezione del gioiello fino ad allora, e d’altra parte, come puntualizza Crispolti nel 1985, proprio
"in quest’ambito possono avvenire le spinte maggiori di sollecitazione innovativa, aprendo a nuove possibilità operative, a nuove combinazioni, a nuove pratiche, a nuovi orizzonti d’uso."
Al di là di queste etichette sia gli artisti-orafi che gli orafi-artisti si sono dovuti scontrare con una tradizione che vede nell’indossabilità e nella riconoscibilità dell’oggetto il vero valore aggiunto. Il corollario che definisce un gioiello non un’opera d’arte ma semplicemente un ornamento costoso è davvero il vero grande ostacolo ad una innovazione non solo sul piano formale, ma anche tecnico.